Una nuova ricerca sfata un mito relativo ai presunti rischi dell’anestesia generale, che portano spesso a scegliere altre soluzioni negli interventi di chirurgia maggiore. Pubblicata sul New England Journal of Medicine e presentata al congresso annuale della American Society of Anesthesiologists (Asa), mostra che i tassi di sopravvivenza, recupero funzionale e delirio post-operatorio sono simili per i pazienti sottoposti ad anestesia generale o anestesia spinale per la chirurgia della frattura dell’anca.
«Le prove disponibili non avevano ancora risolto in modo definitivo la questione se l’anestesia spinale sia più sicura rispetto all’anestesia generale per la chirurgia della frattura dell’anca, una questione molto importante per medici, pazienti e famiglie. Il nostro studio – ha affermato Mark Neuman, professore di Anestesiologia e terapia intensiva presso la University of Pennsylvania e primo autore della ricerca – dimostra che, in molti casi, entrambe le forme di anestesia sono altrettanto sicure e suggerisce che le scelte possono essere guidate dalle preferenze del paziente».
L’entità del ricorso alle due forme di anestesia negli interventi di chirurgia dell’anca varia a seconda dei Paesi; per esempio, negli Stati Uniti prevale l’anestesia generale, mentre quella spinale viene praticata in più della metà dei casi in Gran Bretagna e, in generale, ha visto dovunque un incremento negli ultimi anni.
Nella letteratura recente erano già comparsi studi che avevano messo a confronto gli esiti e gli effetti avversi delle due forme di anestesia, ma senza operare una randomizzazione dei pazienti. Questi limiti metodologici sono stati superati dallo studio di Neuman, che con il suo team ha arruolato 1.600 pazienti in 46 ospedali negli Stati Uniti e in Canada. L’età media era di 78 anni e comunque tutti avevano almeno 50 anni, si erano fratturati un’anca e, prima del trauma, potevano camminare in modo autonomo. Con l’uso di un algoritmo di randomizzazione, i partecipanti sono stati assegnati a due gruppi omogenei per ricevere l’anestesia generale oppure quella spinale.
Per ottenere un quadro il più possibile completo degli esiti associati a ciascuna forma di anestesia, i ricercatori hanno verificato se i pazienti avevano riacquistato la capacità di camminare senza ausili (bastone o deambulatore) e hanno valutato i successivi tassi di mortalità. Ne è risuato che, a 60 giorni dall’intervento chirurgico, il 18,5% dei pazienti assegnati all’anestesia spinale era incapace di camminare o era deceduto, mentre tra coloro che avevano ricevuto un’anestesia generale, la percentuale è stata del 18%. Anche il tasso dei decessi è stato molto simile: il 3,9% e il 4,1%. Inoltre, per esaminare gli effetti che le diverse forme di anestesia hanno avuto sulla sfera cognitiva, i ricercatori hanno anche esaminato il delirio post-operatorio, trovando ancora una volta risultati sovrapponibili: rispettivamente il 21% e il 20%.
Renato Torlaschi
Giornalista Tabloid di Ortopedia