Un recente studio di coorte statunitense ha mostrato che i sopravvissuti al cancro sono esposti a un maggior rischio di fratture da fragilità, specie al bacino e alle vertebre. Come si può leggere su Jama Oncology, il rischio è particolarmente elevato in coloro che hanno avuto un cancro in stadio avanzato e nei primi anni successivi alla diagnosi, ma anche dopo cinque anni, si mantiene superiore alla popolazione generale di pari età.
Con il miglioramento delle terapie oncologiche, il numero di sopravvissuti al cancro è in continuo aumento: solo negli Stati Uniti se ne stimano quasi 17 milioni, circa tre su quattro hanno più di 65 anni e spesso soffrono di comorbilità e condizioni associate alla fragilità.
Gli autori dello studio si sono serviti degli archivi di Medicare, l’assicurazione sanitaria federale Usa, da cui hanno estratto i dati relativi a 92.431 anziani, registrati lungo quasi due decenni, dal 1999 al 2017: tutti loro avevano avuto una diagnosi di cancro e 12.943 sono incorsi in una frattura ossea da fragilità.
Il rischio di fratture dei sopravvissuti al cancro è dovuto a tassi più elevati di osteoporosi accoppiati a una ridotta massa muscolare e alla difficoltà di mantenere l’equilibrio e una deambulazione regolare.
La novità dello studio sta principalmente nell’analisi del sito delle fratture: a fronte di una maggiore esposizione alle fratture vertebrali e pelviche (hazard ratio 2,46) non si è documentato alcun rischio aggiuntivo per quelle radiali. Le ragioni di queste differenze non sono chiare, ma i ricercatori ipotizzano diversi meccanismi: le fratture d’anca tendono a verificarsi con maggiore frequenza nelle persone anziane, fisicamente sedentarie ed esposte a cadute, mentre le fratture radiali sono più probabili tra le persone attive e relativamente sane, che camminano abitualmente e partecipano a una gamma più ampia di attività.
Ogni tipo di frattura è associato a diversi rischi di successiva morbilità e mortalità, oltre che a differenti costi sanitari. «In particolare – riferiscono gli autori – le fratture pelviche espongono spesso i pazienti a ulteriori problemi di salute e si associano a una mortalità più elevata di altre; rappresentano quasi il 77% di tutti i tutti i costi sostenuti a causa di fratture negli Stati Uniti».
Le cure chemioterapiche si sono rivelate come ulteriore fattore predisponente alle fratture ossee: i partecipanti allo studio sottoposti a chemioterapia hanno fatto registrare un ulteriore aumento del 31% della probabilità di frattura nei cinque anni successivi al trattamento, mantenuto in misura minore (+22%) negli anni successivi. Non risulta invece che la radioterapia comporti un rischio aggiuntivo.
Lo studio riveste un importante significato clinico, suggerendo che sia gli esercizi aerobici che quelli di rafforzamento muscolare potrebbero ridurre il rischio di frattura dopo una diagnosi di cancro, aiutando a preservare la densità minerale ossea. Al contrario, come era prevedibile, i fumatori corrono rischi maggiori. «I risultati di questo studio di coorte – si legge nell’articolo – possono fornire informazioni cliniche e suggerimenti per la prevenzione delle fratture, che può includere l’attività fisica e programmi per smettere di fumare. È probabile che il tipo di esercizio (come camminare, fare jogging, nuotare o allenare la forza) e la sua intensità (leggera, moderata o vigorosa) abbiano un’efficacia differente nella prevenzione delle fratture ossee in questa particolare tipologia di soggetti, efficacia che dovrebbe essere oggetto di approfondimenti».
Giampiero Pilat
Giornalista Tabloid di Ortopedia