Si arricchisce di un nuovo capitolo la storia altalenante di febuxostat nel trattamento della gotta: questa volta con notizie apparentemente rassicuranti.
Una serie di provvedimenti di allerta adottati nel 2019 a livello internazionale dagli organi di farmacovigilanza, tra cui in Italia la Nota informativa importante di Aifa su Adenuric del 3 luglio, hanno indotto a limitarne l’uso nei pazienti con patologie cardiocircolatorie note ai soli casi resistenti o non candidabili ad altre opzioni terapeutiche ipouricemizzanti.
A far scattare i primi campanelli d’allarme erano stati i risultati del trial statunitense Cares (Cardiovascular Safety of Febuxostat and Allopurinol in Patients with Gout and Cardiovascular Morbidities) commissionato nel 2009 dalla Food and Drug Administration per la valutazione post-marketing del profilo di sicurezza del farmaco in confronto all’alternativa di uso ormai consolidato rappresentata dall’allopurinolo. Lo studio, pubblicato dal New England Journal of Medicine nel 2018, si chiudeva con un tasso di mortalità cardiovascolare significativamente più alto per febuxostat.
Parallelamente la European Medicines Agency avviava nell’ambito dei Risk Management Plans un’equivalente indagine post-autorizzazione sul territorio dell’Unione approvando il protocollo Fast (Febuxostat versus Allopurinol Streamlined Trial), i cui esiti sono stati resi noti sulle pagine di Lancet alla fine dello scorso anno.
Dal nuovo esame l’inibitore non purinico della xantina ossidasi, che rispetto al suo analogo vanta un’azione più potente e selettiva sull’enzima responsabile della sintesi di acido urico, sembra uscire assolto: l’incidenza di eventi cardiovascolari gravi e di decessi per causa cardiovascolare registrata nel corso dello studio Fast è risultata, al contrario di quanto emerso dal Cares, lievemente inferiore nel gruppo dei pazienti trattati con febuxostat.
A questo punto è inevitabile interrogarsi sui possibili motivi che hanno prodotto in due trial dotati di disegno sperimentale simile – entrambi studi prospettici randomizzati volti a testare la non-inferiorità di febuxostat rispetto ad allopurinolo per gli eventi avversi di natura cardiovascolare – evidenze addirittura contraddittorie.
Nell’interpretare i dati ottenuti gli autori del Fast ne ipotizzano alcuni, tra cui sembra rilevante la composizione del campione di pazienti (poco più di 6.000 sia in Usa che in Europa): nel Cares la totalità dei partecipanti aveva una diagnosi di patologia cardiovascolare al momento del reclutamento, contro il 33% del Fast, erano presenti soggetti con scompenso cardiaco di grado avanzato, esclusi invece dal Fast, ed erano con ogni probabilità maggiormente rappresentati i pazienti affetti da forme di gotta più grave, a giudicare dalla più alta prevalenza di soggetti con tofi e di soggetti in trattamento con allopurinolo da poco tempo e quindi presumibilmente penalizzati da un rischio cardiovascolare imputabile a scarso controllo dell’uricemia più elevato.
Un altro elemento possibilmente coinvolto nel determinare gli outcome dei due studi è costituito dalle differenze dei corrispondenti follow-up in termini di durata e grado di completezza: nel corso dei periodi di osservazione, protratti per un numero mediano di 32 mesi nel Cares e di 48 mesi nel Fast, la percentuale di pazienti che hanno sospeso prematuramente la terapia assegnata è stata nettamente superiore nel primo studio, pari al 56,6% verso il 24% del secondo; per contro, nel Fast si è registrato un tasso di interruzione più alto nel braccio con febuxostat (32,4%) che in quello con allopurinolo (16,5%), mentre nel Cares i pazienti hanno abbandonato i due trattamenti in percentuali sovrapponibili (rispettivamente 57,3% e 55,9%).
Secondo il team europeo la più scarsa adesione alla terapia con febuxostat nella popolazione studiata – dove il farmaco è stato impiegato a dosi superiori (80-120 mg/die) che nel campione statunitense (40-80 mg/die) sulla base delle diverse indicazioni di Ema e Fda – potrebbe essere spiegata, oltre che con la novità del trattamento, con il più frequente ricorso da parte dei pazienti che lo assumevano alla profilassi delle riacutizzazioni gottose con colchicina, proposta in ottemperanza al protocollo a tutti i partecipanti nei primi sei mesi dall’assegnazione a uno dei due trattamenti.
Nelle conclusioni del loro articolo i ricercatori del Fast avanzano l’invito alle autorità regolatorie a riconsiderare le restrizioni d’uso di febuxostat relativamente ai soggetti con patologia cardiovascolare, sebbene ammettano essi stessi di non poter garantire la generalizzabilità dei risultati ottenuti alle due categorie di pazienti non indagate nello studio, vale a dire quelli non ancora stabilizzati con una terapia ipouricemizzante e quelli con scompenso cardiaco grave.
Monica Oldani
Giornalista Tabloid di Ortopedia
1. Mackenzie IS, Ford I, Nuki G, Hallas J, Hawkey CJ, Webster J, Ralston SH, Walters M, Robertson M, De Caterina R, Findlay E, Perez-Ruiz F, McMurray JJV, MacDonald TM, on behalf of the FAST Study Group. Long-term cardiovascular safety of febuxostat compared with allopurinol in patients with gout (FAST): a multicentre, prospective, randomised, open-label, non-inferiority trial. Lancet 2020;396:1745-57.
2. White WB, Saag KG, Becker MA, Borer JS, Gorelick PB, Whelton A, Hunt B, Castillo M, Gunawardhana L, for the CARES Investigators. Cardiovascular safety of Febuxostat or Allopurinol in patients with gout. N Engl J Med 2018;378:1200-10.