La clasterina è una glicoproteina eterodimerica espressa in tutti i fluidi dell’organismo e nella matrice intracellulare che svolge ruoli chiave in diversi processi patologici. La recente scoperta del suo coinvolgimento nella degenerazione muscolare dei pazienti con osteoporosi ha portato allo studio del ruolo di questa molecola nel metabolismo osseo, data la diafonia biochimica e biomeccanica dell’unità osso-muscolo.
Una ricerca italiana, pubblicata quest’anno sulla rivista scientifica Genes, ha valutato la possibilità di utilizzare questo fattore come potenziale marcatore non invasivo per la diagnosi di una malattia silente come l’osteoporosi.
«Con questo lavoro di ricerca io e i colleghi abbiamo provato che una molecola chiamata clasterina risultava deregolata in pazienti con osteoporosi. Lo studio è stato portato avanti con l’obiettivo di identificare un potenziale marcatore non invasivo per la diagnosi della patologia e del rischio di fratture da fragilità – spiega Virginia Veronica Visconti, dottore di ricerca in Biotecnologie mediche e medicina traslazionale presso il Laboratorio dell’Osso del Policlinico Tor Vergata di Roma –. Le analisi svolte sono state diverse. Abbiamo analizzato la clasterina sia negli osteoblasti, quindi all’interno di cellule ossee, sia nel circolo sanguigno di pazienti con osteoporosi e soggetti sani».
L’analisi quantitativa della reazione a catena della polimerasi in tempo reale dell’espressione della clasterina è stata eseguita sia negli osteoblasti che nelle cellule mononucleate del sangue periferico da pazienti osteoporotici e individui sani. Inoltre, sono state eseguite analisi immunoistochimiche sui tessuti della testa del femore e test di immunoassorbimento enzimatico in campioni di plasma per studiare il pattern di espressione della clasterina.
I dati ottenuti hanno mostrato un livello di espressione significativamente aumentato dell’isoforma clasterina secreta negli osteoblasti di pazienti con osteoporosi. A questo punto, il team di ricerca ha esteso l’analisi a una casistica più ampia, confermando un aumento dei livelli di espressione genica nei linfociti di pazienti osteoporotici.
La ricerca, premiata come uno tra i dieci migliori poster al 23esimo congresso annuale della Federazione europea delle associazioni nazionali di ortopedia e traumatologia (Efort), ha avuto lo scopo di identificare nuovi marker diagnostici non invasivi, con l’obiettivo di ridurre i tempi di diagnosi e il trattamento della patologia e delle fratture da fragilità ossea. «Trovare biomarcatori in grado di fare prevenzione, sia nel periodo lavorativo sia in età più avanzata, è fondamentale – ha commentato Umberto Tarantino, direttore del laboratorio dove si è svolto lo studio –. Ridurre i rischi di ri-frattura e andare a valutare tali rischi partendo da un’analisi ematica, sono l’obiettivo principale del nostro progetto di ricerca». Il professor Tarantino ha continuato sottolineando come l’operazione per l’identificazione del marker sia una sorta di biopsia dell’osso, grazie alla quale è possibile capire se è presente la molecola target.
Luca Marelli
Giornalista Tabloid di Ortopedia