Anche se il paracetamolo è ampiamente usato come opzione terapeutica nel trattamento dell’osteoartrosi dell’anca e del ginocchio, diversi studi recenti – di cui abbiamo parlato anche su Tabloid di Ortopedia e OrthoAcademy.it (1, 2) – ne hanno messo in dubbio l’efficacia per ridurre il dolore e migliorare la funzionalità. Ora la conferma arriva da una revisione della letteratura della Cochrane Collaboration (3), i cui lavori sono internazionalmente riconosciuti come un solido punto di riferimento per la valutazione dei trattamenti.
«Sulla base di evidenze di alta qualità – concludono infatti gli autori, coordinati da Amanda Leopoldino dell’Università di Sydney – questa revisione conferma che il paracetamolo fornisce solo minimi miglioramenti nel dolore e nella funzionalità per le persone con artrosi dell’anca o del ginocchio, senza tuttavia un aumento significativo del rischio di eventi avversi. L’analisi per sottogruppi indica che gli effetti sul dolore e sulla funzione non differiscono in base alla dose di paracetamolo».
Come si vede, il popolare farmaco è se non altro sostanzialmente scagionato dall’accusa di aumentare il rischio di effetti avversi. «A causa del numero limitato di eventi – scrivono Leopoldino e colleghi – siamo meno certi che l’uso di paracetamolo aumenti il rischio di eventi avversi gravi e maggior frequenza di test anomali della funzionalità epatica».
La revisione ha incluso studi clinici randomizzati pubblicati fino al 2017 che avevano esaminato gli effetti del paracetamolo in persone con dolore all’anca o al ginocchio a causa di artrosi e li hanno confronati con quelli prodotti da una sostanza placebo. La ricerca ha portato a selezionare dieci lavori condotti su un totale di 3.541 pazienti, per la maggior parte con un’età compresa tra i 55 e i 70 anni e affetti da artrosi di ginocchio. La dose di trattamento è variata da 1,95 a 4 grammi al giorno e i pazienti sono stati seguiti per un periodo variabile da una a 12 settimane, tranne che in uno studio che ha avuto un follow-up di 24 settimane.
Il fattore più importante a essere valutato è stato il dolore. In effetti il paracetamolo ha comportato un miglioramento superiore al placebo, ma di appena il 3%, ovvero di 3,2 punti di media su una scala di valutazione da zero a cento: chi ha assunto il placebo ha visto il dolore alleviarsi di 23 punti, mentre in coloro che hanno ricevuto il principio attivo si è ridotto di 26 punti.
La seconda variabile considerata è stata la funzionalità fisica. Anche in questo caso, gli effetti positivi indotti dal paracetamolo sono stati minimi: il 3%, ovvero 2,9 punti, sempre su una scala da zero a cento, con una funzione migliorata di 12 punti con il placebo e di 15 con il farmaco.
Un terzo dei pazienti ha riportato effetti collaterali, ma la percentuale è stata esattamente la stessa tra coloro che erano stati inseriti nei gruppi paracetamolo e quelli appartenenti ai gruppi di controllo con placebo; parlando di effetti gravi, tuttavia, nel primo caso sono stati il 2% e nel secondo l’1%.
Com’è noto, il paracetamolo viene metabolizzato nel fegato ed è stato additato come possibile causa di tossicità epatica. In questo caso, valori anomali dei marcatori della funzionalità del fegato sono stati registrati in sette persone su cento tra coloro che avevano assunto il farmaco per un periodo prolungato, rispetto al 2% associato alla sostanza placebo.
Giampiero Pilat
Giornalista Tabloid di Ortopedia
Bibliografia:
- http://bit.ly/2WZDf0B
- http://bit.ly/2FLJXSn
- Leopoldino AO, Machado GC et al. Paracetamol versus placebo for knee and hip osteoarthritis. Cochrane Database Syst Rev. 2019 Feb 25;2:CD013273.