Le interruzioni di terapie di lunga durata con risedronato si sono associate a un piccolo aumento del rischio di frattura dell’anca rispetto a quelle avvenute dopo l’interruzione della terapia con alendronato, in una ricerca canadese pubblicata su Annals of Internal Medicine (1).
Dato che i principi attivi permangono nell’osso anche dopo l’interruzione della loro assunzione, la maggior parte dei pazienti può prendersi una pausa, rimanendo sotto controllo medico, dopo diversi anni di terapia continuativa. Sono tuttavia scarse le evidenze su quale sia la durata migliore di questa “vacanza terapeutica” e su un eventuale aumento di rischio di fratture durante questo periodo.
Grazie alla disponibilità dei dati sanitari completi dello Stato dell’Ontario, il gruppo di ricercatori ha potuto condurre una ricerca su grandi numeri: sono stati circa 25mila i pazienti che hanno assunto uno dei due farmaci per almeno tre anni e hanno poi sospeso la terapia. Il risultato rassicurante è che, in entrambi i casi, il rischio di frattura durante la pausa è stato molto basso, ma dopo due anni dall’interruzione i pazienti che erano stati in trattamento con risedronato hanno fatto registrare un rischio leggermente superiore rispetto a quelli che avevano assunto alendronato.
I risultati possono aiutare i medici a gestire al meglio il rischio di frattura dell’anca durante i periodi di sospensione delle terapie farmacologiche. «Questo studio mette in evidenza i vantaggi di un monitoraggio e un di follow-up più ravvicinati, a circa due anni dall’inizio della sospensione del trattamento con bisfosfonati, in particolare per quei pazienti che in precedenza avevano assunto risedronato per un periodo tra i tre e i cinque anni» ha commentato Suzanne Cadarette, docente all’Università di Toronto e autrice senior della ricerca.
La problematica era già stata trattata da un gruppo di esperti italiani che avevano pubblicato considerazioni interessanti su L’Endocrinologo (2). «In base alle evidenze disponibili – scrivono – i pazienti a basso rischio di frattura possono essere candidati alla sospensione del trattamento con aminobisfosfonati dopo una terapia protratta fino a tre-cinque anni, mentre i pazienti ad alto rischio possono beneficiare dell’estensione del trattamento». E ricordano che le linee guida italiane della Commissione intersocietaria per l’osteoporosi raccomandano una rivalutazione del rischio fratturativo dopo cinque anni di trattamento con aledronato, ibandronato e risedronato e dopo tre anni di zolendronato. È invece indicata una sospensione di 12-24 mesi in pazienti a basso rischio di frattura e in terapia con aminobisfosfonati orali da più di cinque anni; è prevista la prosecuzione della terapia a dieci anni nei pazienti a elevato rischio. Infine, nei pazienti in trattamento con zolendronato a elevato rischio è indicato continuare la terapia per ulteriori tre anni.
Pertanto, nella gestione terapeutica dell’osteoporosi, per mantenere un favorevole rapporto tra benefici e rischi, si conferma che la decisione di interrompere il trattamento dipende dal bisfosfonato impiegato e dalla rivalutazione del rischio di frattura dopo tre-cinque anni.
Renato Torlaschi
Giornalista Tabloid di Ortopedia
Bibliografia:
1. Hayes KN, Brown KA, Cheung AM, et al. Comparative Fracture Risk During Osteoporosis Drug Holidays After Long-Term Risedronate Versus Alendronate Therapy: A Propensity Score-Matched Cohort Study. Ann Intern Med. 2022 Jan 11.
2. Bellone F, Morabito N, Corica F, Catalano A. Sospensione dei bisfosfonati e persistenza degli effetti terapeutici. L’Endocrinologo, 2021. 22(1), 74-76.