
Seth Jerabek
I pazienti che stanno valutando la possibilità di sottoporsi a chirurgia protesica per la sostituzione dell’anca o del ginocchio, se hanno ricevuto infiltrazioni di corticosteroidi per alleviare il dolore farebbero bene ad attendere tre mesi prima dell’intervento. Lo suggeriscono due studi statunitensi i cui risultati sono stati resi noti di recente.
Il primo è stato condotto da un gruppo di ricercatori dell’Hospital for special surgery (Hss) di New York coordinato da William Schairer e presentato al meeting annuale dell’American Academy of Orthopaedic Surgeons (Aaos) che si è svolto agli inizi di marzo a Orlando, in Florida. «Il rischio di sviluppare un’infezione in seguito all’intervento chirurgico – ha affermato Schairer – è aumentato in modo significativo nei pazienti inclusi nello studio a cui è stata impiantata una protesi d’anca meno di tre mesi dopo essere stati in terapia iniettiva con steroidi; se però hanno avuto l’accortezza di attendere oltre questo periodo di tempo il loro rischio non è stato per nulla superiore alla norma».
I ricercatori sono giunti a queste conclusioni grazie all’analisi delle cartelle cliniche presenti nei database della California e della Florida: in tutto oltre 177.000 registrazioni riferite a pazienti con osteoartrosi che avevano ricevuto una protesi d’anca tra il 2005 e il 2012. L’esame delle cartelle ha poi permesso di restringere il campione e di studiare più in dettaglio quei soggetti che erano stati in terapia con infiltrazioni di corticosteroidi nell’articolazione dell’anca. Com’è noto, si tratta di un trattamento molto comune per ridurre dolore e infiammazione in pazienti affetti da artrosi e lo studio di Schairer e colleghi è il primo a fornire forti evidenze di questo tipo di rischio su una popolazione così ampia.
I pazienti sono stati suddivisi in quattro gruppi in base al periodo intercorso tra la fine della terapia farmacologica e l’intervento: meno di tre mesi; dai tre ai sei mesi; oltre sei mesi; nessuna terapia. Il tasso di infezioni è stato del 2,06% nei pazienti a cui non erano state fatte infiltrazioni ed è balzato al 2,81% in chi aveva ricevuto infiltrazioni meno di tre mesi prima, il che equivale a un aumento del rischio del 40%. Per intervalli più lunghi il rischio tornava però a essere analogo a coloro che non avevano ricevuto corticosteroidi.
Nel tentativo di spiegare le ragioni del risultato ottenuto, gli autori hanno fatto notare che si tratta di farmaci che indeboliscono il sistema immunitario e questo può contribuire a determinare il maggior rischio infettivo riscontrato. «La sostituzione d’anca è una procedura chirurgica sicura e molto diffusa e il rischio complessivo di sviluppare un’infezione articolare è basso – ha sostenuto l’autore senior dello studio Seth Jerabek, anch’egli ortopedico presso l’Hss – ma pur essendo un’eventualità poco frequente, un’infezione è una delle complicanze più temute di una sostituzione protesica. I pazienti che ne vengono colpiti devono spesso essere sottoposti a un nuovo intervento chirurgico, a un trattamento antibiotico endovenoso e un lungo periodo di allettamento e ricovero in ospedale».
Il secondo studio è stato coordinato da Nicholas Bedard, un chirurgo ortopedico dell’ospedale della University of Iowa e ha preso in esame pazienti operati con sostituzione totale di ginocchio. In tutto, il campione analizzato ha incluso 83.684 soggetti operati tra il 2007 e il 2014. Il 35,4% di loro (29.603) aveva ricevuto almeno un’infiltrazione di corticosteroidi nell’anno precedente all’intervento: in questo gruppo il tasso di infezione del sito chirurgico è stato significativamente superiore agli altri, il 4,4% invece del 3,6%, così il tasso delle infezioni che hanno comportato la necessità di un nuovo ricovero in ospedale, l’1,5% contro l’1%. Ma anche in questo caso il rischio è stato decisamente più elevato per quei pazienti trattati con corticosteroidi meno di un mese prima dell’intervento.
«Raccomandiamo di essere selettivi nello scegliere i pazienti a cui iniettare corticosteroidi – ha detto Bedard – e di limitare le infiltrazioni a quelle persone che non si prevede di sottoporre a chirurgia protesica nel breve termine; questa informazione è della massima importanza non soltanto per i chirurghi ortopedici ma anche per tutti gli operatori sanitari che si occupano del trattamento sintomatico dell’artrosi di ginocchio».
Renato Torlaschi
Giornalista Tabloid di Ortopedia