
Angelo Di Giunta

Alfonso Maria Romano
Le fratture a quattro parti dell’omero prossimale rappresentano tra il 2% e il 10% di tutte le fratture di omero e sono classificate sulla quantità di spostamento delle quattro parti principali dell’omero: la testa omerale, la grande e piccola tuberosità, la diafisi prossimale omerale. Lo spostamento dei frammenti si verifica come risultato della forza deformante muscolare. La diafisi omerale in genere è spostata medialmente dal grande pettorale; la piccola tuberosità è spostata medialmente dal sottoscapolare e la grande tuberosità è spostata, rispettivamente, superiormente e posteriormente dal sovraspinato e dall’infraspinato.
L’irrorazione arteriosa principale alla testa dell’omero è data dall’arteria arcuata interossea, che può essere compromessa nelle fratture dell’omero prossimale a quattro frammenti, in particolare nelle fratture della regione del collo anatomico. Negli ultimi anni sono state utilizzate molte classificazioni che considerano tanti fattori come la dislocazione dei frammenti e il loro numero, e tra queste la più datata, ma ancora la più famosa, è la classificazione di Neer.

Massimiliano Susanna

Marco Spoliti
Il trattamento con riduzione aperta e osteosintesi eseguita con placca e viti (tecnica Orif, open reduction and internal fixation) spesso non ha un grande successo nei risultati, con esiti positivi solo nel 20% dei casi su fratture a tre o quattro frammenti. Il fallimento di questo trattamento è legato al rischio di necrosi avascolare della testa omerale.
Una buona qualità dei tendini della cuffia dei rotatori è una condizione necessaria per ottenere un buon risultato clinico. Nei pazienti con fratture dell’omero prossimale con tasso elevato di rischio di necrosi avascolare della testa omerale, ma con integrità dei tendini della cuffia dei rotatori, un’ipotesi di trattamento è l’impianto di endoprotesi o artroprotesi di spalla. Questo tipo di impianti sono indicati in pazienti anziani con ossa osteoporotiche che hanno riportato fratture-lussazioni a tre o a quattro parti. Inoltre questo trattamento trova giusta indicazione anche nei pazienti giovani con fratture a quattro parti o pluriframmentarie, ove non può essere ottenuta una riduzione accettabile. I candidati per la sostituzione protesica, in ogni caso, devono essere disposti, e in grado, di rispettare il programma di riabilitazione post-operatoria.
Valutazione preoperatoria
Riguardo all’età del paziente bisogna porre particolare attenzione all’esame fisico, considerando:
– meccanismo traumatico, livello della funzionalità pretrauma, tipo di lavoro, spalla dominante o meno e in particolare informare il paziente che la riabilitazione gioca un grosso ruolo nel risultato finale;
– valutazione delle eventuali parestesie, perdite di coscienza, dolori al gomito e mano omolaterale;
– porre attenzione ai gonfiori, a eventuali traumi sui tessuti molli, a ecchimosi, a grosse deformità del normale profilo anatomico;
– attenta valutazione delle patologie neurovascolari preoperatorie per l’interessamento del nervo ascellare, del plesso brachiale e dell’arteria ascellare.
Valutazione radiografica
La valutazione radiografica della spalla è difficile ma cruciale per la decisione chirurgica e prevede uno studio radiografico standard con il Trauma Series (fig. 1): antero-posteriore “vera” sul piano scapolare e outlet view o defilé del sovraspinoso.
La tomografia computerizzata è molto importante per la valutazione della dislocazione dei frammenti ossei, grado di comminuzione e valutazione della superficie glenoidea (fig. 2).
Può essere utile una eventuale valutazione radiografica della spalla controlaterale preoperatoria.
Una risonanza magnetica può essere d’aiuto per la valutazione qualitativa dei tendini della cuffia.
Indicazioni e controindicazioni
Noi crediamo che le indicazioni all’endoprotesi o alla protesi anatomica debbano essere estese a pazienti giovani, con fratture a quattro frammenti, controllando lo stato glenoideo nel lungo periodo.
Oggi molti progressi sono stati fatti nella metallurgia, nella modularità dell’impianto, nella tecnica chirurgica, nella riabilitazione e questo ha fornito risultati migliori per il paziente.
Lo scopo della chirurgia è quello di ricostruire anatomicamente l’articolazione gleno-omerale con il ripristino della lunghezza omerale, il corretto posizionamento per un’adeguata retroversione protesica e una sicura fissazione delle tuberosità.
Parametri anatomici di rispetto per una emiartroplastica primaria sono l’altezza omerale della testa (8 mm dalla grande tuberosità alla sommità della superficie articolare), il raggio di curvatura (22-25 mm) e la versione omerale (media 29,8°, range 10-55°).
La gestione incruenta è riservata ai pazienti anziani e sedentari, con comorbidità mediche che impediscono l’intervento o pazienti con bassa richiesta funzionale.
Preparazione del paziente
Il paziente può essere trattato con anestesia tronculare, generale o con entrambe per un attento controllo post-operatorio del dolore. La posizione chirurgica è quella semiseduta o posizione dell’astronauta, se possibile con l’ausilio di assistente meccanico per il braccio durante le fasi dell’intervento. Un adeguato setting operatorio è importante per la corretta tempistica dell’intervento.
Tecnica chirurgica: l’approccio deltoideo-pettorale
L’incisione inizia a livello dell’articolazione acromion-claveare al di sopra della coracoide, seguendo la direzione dell’inserzione del deltoide.
La vena cefalica dovrebbe essere conservata e lateralizzata con un divaricatore; in altrenativa sarà legata. L’intervallo delto-pettorale è dissecato da prossimale a distale. Il gran pettorale è retratto medialmente e inciso per circa un centimetro, se necessario, per una buona esposizione.
Trattamento della frattura
Se la frattura è recente, si presenta un grosso ematoma nel momento in cui si incide la fascia clavi-pettorale. I frammenti e la cuffia dei rotatori a questo punto si mettono in evidenza.
Se è necessario, il nervo ascellare può essere identificato attraverso la digitopressione. Rotazione esterna e adduzione dell’omero riducono la tensione sul nervo ascellare.
Il tendine del capo lungo del bicipite serve come punto di riferimento chiave per riconoscere la piccola e la grande tuberosità. A questo punto possono essere utilizzati un osteotomo o una sega per creare un piano di clivaggio, di solito a livello della rima di frattura tra le due tuberosità, al fine di mobilitare le tuberosità stesse.
Si esegue il release dell’intervallo dei rotatori e del legamento coraco-omerale per consentire la mobilizzazione delle tuberosità, ma preservando l’arco coraco acromiale per evitare la migrazione verso l’alto della testa omerale.
Vengono inserite suture di trazione non assorbibili attraverso le inserzioni della cuffia dei rotatori sulle tuberosità, due attraverso il sottoscapolare e due attraverso il sovraspinato/sottospinoso.
La testa omerale residua viene rimossa e vengono prese le dimensioni con un modello di prova per la sostituzione. La superfice glenoidea deve essere esaminata per eventuale presenza di ematoma, frammenti cartilaginei e frammenti ossei che verranno rimossi con irrigazione di soluzione salina sterile.
Preparazione dell’omero
Preferiamo determinare la giusta altezza dello stelo protesico ricercando essenzialmente la continuità della linea calcare in modo semplice e veloce.
In secondo luogo, soprattutto nel caso di comminuzione dell’omero prossimale, si misura la distanza dalla parte superiore del tendine del grande pettorale alla parte più alta della testa protesica (fig. 3), media 5,6 cm (± 0,5 cm).
Alesatori assiali sono utilizzati per preparare lo stelo omerale per l’impianto di prova. L’impianto di prova omerale è posto con la pinna laterale leggermente posteriore rispetto al solco bicipitale.
La corretta retroversione omerale è fondamentale quando si ricrea l’articolazione gleno-omerale. La maggior parte delle tecniche suggeriscono 30 gradi come guida durante la ricostruzione, anche se la retroversione nativa varia da 10 a 50 gradi: noi preferiamo mantenere una retroversione di 20°.
Esistono diversi metodi per determinare la versione: 1) la rotazione esterna dell’omero a 20 gradi dal piano sagittale del corpo con la componente della testa omerale che guarda diritta medialmente; 2) una linea immaginaria dall’asse epicondilare omerale distale che biseca l’asse della protesi. Noi utilizzamo l’allineamento tra l’avambraccio e l’asta di riferimento fissata al porta raspa, che comporta una retroversione di 20°, come già detto.
L’altezza protesica è fondamentale anche per ristabilire la giusta tensione muscolare dei tessuti molli, tra cui il deltoide e la cuffia dei rotatori.
I fori vengono eseguiti nell’omero prossimale medialmente e lateralmente al solco bicipitale, su cui vengono fatte passare suture ad alta resistenza per fissare saldamente le tuberosità all’omero prossimale. Le altre due coppie di suture, già precedentemente fatte passare nelle due tuberosità al punto di passaggio osso/tendine, completeranno la stabilizzazione dei frammenti tra loro.
Una riduzione di prova viene quindi eseguita. La testa omerale non dovrebbe sublussarsi più del 25-30% dell’altezza della glenoide inferiormente.
La componente omerale finale può essere cementata, in modo da avere una fissazione migliore. Un limitatore di cemento è posto a prevenire stravasi sull’omero distale.
Una seconda riduzione di prova può essere eseguita con una testa di prova dopo che il cemento si sia indurito.
Gli spazi tra tuberosità, protesi e diafisi omerale sono riempiti con innesto di osso spongioso autologo derivante dalla testa omerale.
Fissazione e chiusura delle tuberosità
La principale causa di fallimento dell’artroprotesi di spalla nelle fratture è la migrazione e il riassorbimento delle tuberosità (4-50% dei casi) e la fissazione delle tuberosità alla protesi è fondamentale per una procedura di successo.
Noi usiamo quattro suture orizzontali, due verticali e una sutura circonferenziale. Per tenere in ordine le conseguenti sette coppie di fili, utilizziamo un telaio ad arco in metallo.
Per riattaccare la grande tuberosità, si devono passare due suture orizzontali attraverso il punto di passaggio osso/tendine, la pinna posteriore e la pinna laterale dello stelo protesico (fig. 4). In questo modo la tuberosità è ben fissata.
Allo stesso modo, la tuberosità minore viene accollata allo stelo protesico passando due suture orizzontali tra la pinna anteriore e la pinna laterale dello stelo protesico (fig. 5).
Si passano poi, per ciascuna tuberosità, una sutura verticale attraverso la tuberosità e la diafisi omerale, incrociando il filo a formare un’amaca, secondo Gerber (fig. 6).
Infine, si passa una sutura a cerchiaggio attraverso il sottospinato al foro mediale dello stelo di frattura e attraverso il tendine sottoscapolare, chiudendolo lateralmente (fig. 7).
Per ogni singola tuberosità, siamo soliti aggiungere un innesto osseo per garantire l’osteointegrazione. Si chiudono prima la suture orrizzontali, poi le suture verticali di entrambe le tuberosità e successivamente la sutura circonferenziale, nell’ordine mostrato (fig. 8).
Quando il fissaggio della tuberosità è completato, deve essere attentamente valutata la stabilità della fissazione, con caute ma decise manovre di rotazione interna ed esterna.
Comunque, il range di movimento in elevazione anteriore, rotazione esterna, rotazione interna e abduzione dovranno essere testati preoperativamente, per stabilire i limiti specifici dei movimenti consentiti nella riabilitazione.
L’intervallo deltopettorale non è generalmente chiuso.
Il paziente viene poi posizionato con tutore alla spalla con 15/40° di abduzione nel rispetto della posizione acamatica dell’articolazione.
Una pompa per il dolore può essere utilizzata per aumentare l’analgesia post-operatoria e per ridurre l’uso di farmaci narcotici.
Viene eseguita una radiografia post-operatoria in proiezione antero posteriore “vera” e un defilé del sovraspinoso in ortostatismo.
Complicanze
Le complicanze chirurgiche possono essere: ritardi nella guarigione delle ferite, infezioni, lesioni nervose, fratture dell’omero, malposizionamento delle componenti protesiche, instabilità, pseudoartrosi delle tuberosità, lacerazione della cuffia dei rotatori, sindrome da dolore regionale, fibrosi periarticolare, formazione di osso eterotopico, allentamento delle componenti e artrite glenoidea.
I problemi più comuni nel trattamento delle fratture acute coinvolgono rigidità, pseudoartrosi, malunion o riassorbimento delle tuberosità.
Nei pazienti con frattura cronica trattati con endoprotesi, i problemi più comuni riscontrati sono instabilità, ossificazione eterotopica, malconsolidamento della tuberosità o lesioni della cuffia dei rotatori.
Riabilitazione
La stabilità intraoperatoria ottenuta dal chirurgo è essenziale per impostare i limiti di movimento e i tempi di riabilitazione. Le istruzioni che seguono sono solo per standardizzare la riabilitazione.
La terapia con il fisioterapista inizia il giorno post-operatorio gentilmente, con esercizi pendolari e con esercizi con carrucola e bastone per mantenere la flessione anteriore. Deve essere contenuta e cauta la rotazione esterna.
Dopo la dimissione, viene riesaminata la ferita del paziente, dopo 14/18 giorni circa vengono rimosse le suture e si continua a eseguire una serie di esercizi di movimento.
A sei settimane vengono eseguite le radiografie per valutare la guarigione delle tuberosità: accertato ciò, si inizia la fase due, con esercizi isometrici della cuffia dei rotatori e di elevazione assistita attiva con la carrucola.
A tre mesi inizia la fase tre: allenamento della forza con gli elastici graduati e progressione.
I pazienti devono essere consapevoli del fatto che il movimento massimo e la funzione possono richiedere una fisiochinesiterapia protratta per circa sei-nove mesi dalla data di intervento chirurgico
Risultati
Circa il 90% dei pazienti trattati con endoprotesi manifestano un minimo dolore, nonostante il recupero sia buono nel movimento, nella funzione e nella forza.
I fattori che predicono una prognosi sfavorevole dopo una endoprotesi su frattura sono malposizionamento delle tuberosità, migrazione superiore della protesi omerale, rigidità, dolore persistente e scarso posizionamento iniziale dell’impianto (retroversione eccessiva o ridotta altezza).
Quando si confrontano un intervento acuto rispetto a un intervento in elezione, la maggior parte degli autori riportano risultati peggiori per gli interventi ritardati più di due settimane.
Scarsi risultati si notano nei pazienti anziani, soprattutto con deficit neurologici, o con complicanze post-operatorie.
Buoni risultati funzionali si hanno nei pazienti più giovani con buon trofismo della cuffia dei rotatori e che hanno radiografie soddisfacenti a sei settimane.