Stando ai dati epidemiologici l’incompleta guarigione di una frattura è un fenomeno che si verifica con una discreta frequenza, con tassi compresi tra il 5 e il 10%. Sono ormai numerose le evidenze che attestano una correlazione tra il rischio di mancato consolidamento dei capi ossei e due variabili specifiche: da un lato la gravità del traumatismo e dall’altro il tipo di trattamento chirurgico effettuato in caso di osteosintesi. È tuttavia parimenti assodato che queste due variabili da sole non supportano l’intera casistica delle fallite guarigioni di frattura ed è quindi necessario ipotizzare che la probabilità che tale evenienza si verifichi sia sottesa anche da fattori di rischio di altra natura, che con le caratteristiche della lesione e con l’eventuale procedura di riduzione chirurgica interagiscono.
Gli autori di uno studio statunitense pubblicato da Jama Surgery lo scorso settembre ne hanno presi in considerazione in tutto 45 tra dati demografici, comorbidità, fattori iatrogeni, esposizioni ambientali e variabili connesse ai segmenti ossei interessati, alla tipologia delle lesioni e al trattamento richiesto. L’indagine è stata condotta, a partire dalle informazioni presenti nel database sanitario della Truven Health Analytics, su una coorte di partenza di 309.330 soggetti di età compresa tra 18 e 63 anni, corrispondente a un campione di altrettante fratture avvenute nel corso del 2011, la cui evoluzione è stata verificata in un follow-up di 12 mesi.
Per quanto riguarda le caratteristiche demografiche, il sesso sembra essere un primo fattore di rischio: negli uomini, che pure in questo campione totalizzavano un minor numero di fratture (il 42% del totale), il tasso di mancata guarigione è risultato essere più alto che nelle donne (5,4 vs 4,6). Abbastanza sovrapponibili, invece, i valori nelle quattro fasce di età in cui è stata suddivisa la coorte dei pazienti (18-29, 30-39, 40-49, 50-63 anni), con una lieve preponderanza solo nella decade 40-49 anni (5,5% vs 4,5-4,9%).
Ad aumentare significativamente la probabilità di riscontrare fratture non consolidate sono stati: alcuni fattori iatrogeni come l’assunzione di Fans associati a oppioidi (OR 1,84), anticoagulanti (OR 1,58), antiepilettici associati a benzodiazepine (OR 1,49), oppioidi (OR 1,43), antiepilettici (OR 1,37), insulina (OR 1,21), benzodiazepine (OR 1,20), bisfosfonati (OR 1,17), antibiotici (OR 1,17), diuretici (OR 1,13); alcune condizioni patologiche concomitanti quali osteoartrosi con artrite reumatoide (OR 1,58), osteoartrosi (OR 1,45), diabete (OR 1,40), osteoporosi (OR 1,24), obesità (OR 1,19), carenza di vitamina D (OR 1,14), insufficienza renale (OR 1,11); il fumo di sigaretta (OR 1,20).
Prendendo in esame le variabili relative all’evento traumatico contingente, sono risultate maggiormente suscettibili di un cattivo esito del processo di guarigione le fratture esposte (OR 1,66), quelle conseguenti a traumi ad alta energia (OR 1,38) e soprattutto quelle sottoposte a osteosintesi chirurgica (OR 1,78).
L’effetto predisponente più consistente in assoluto lo ha mostrato la presenza nella storia clinica del paziente di altre fratture ossee, con indici di associazione tanto più alti quanto maggiore era il numero delle lesioni (OR 1,32 con 3-5 vs 1-2 fratture e OR 2,65 con >6 vs 1-2 fratture).
Complessivamente il tasso di mancata guarigione riscontrato in questo studio, pari al 4,9%, è al limite inferiore del range emerso da lavori precedenti (5-10%), verosimilmente perché è stato rilevato in una popolazione selezionata, quella della Truven Health Analytics, che essendo composta solo da soggetti dotati di copertura assicurativa ha escluso casi nei quali i fattori di rischio analizzati potrebbero assumere un peso maggiore oppure potrebbero aggiungersene altri, legati alle differenti condizioni socio-economiche.
Molto variabili, invece, i tassi di difettoso consolidamento calcolati per i singoli segmenti ossei rappresentati nel campione (18 in totale): dall’1,5% delle ossa metacarpali fino a valori superiori al 10% per femore (13,9%), tibia e perone (14%) e scafoide (15,5%); di poco superiore a quello medio il valore per le fratture metatarsali (5,7%), le più numerose della casistica (18,9%).
«L’identificazione di condizioni predisponenti alla mancata guarigione delle fratture e del peso relativo che ciascuna di esse può avere nei singoli casi è estremamente importante – concludono gli autori –. Assume il ruolo di un obiettivo clinico primario quando se ne considerino le conseguenze in termini di qualità di vita dei pazienti, incidenza di disabilità, compromissione della produttività individuale, oneri sociali e costi sanitari».
Monica Oldani
Giornalista Tabloid di Ortopedia