
Se per la chirurgia protesica di anca, ginocchio e spalla la letteratura scientifica concernente esiti e complicanze è ormai abbastanza ampia e rilevante, altrettanto non si può dire per quella del gomito. Relativamente più giovane e meno comunemente praticata, l’artroplastica di gomito è tuttavia in crescente diffusione, grazie anche all’estensione delle sue indicazioni, da quella inizialmente esclusiva dell’artrite reumatoide in stadio avanzato alle fratture non riducibili dell’omero distale, all’osteoartrosi, alle artriti post-traumatiche. Ciò nonostante, alcune complicanze a lungo termine quali l’infezione periprotesica, la mobilizzazione asettica, la frattura periprotesica rappresentano tuttora una nota dolente di questa chirurgia e, per l’appunto, un’area ancora insufficientemente indagata dalla ricerca, sia epidemiologica che clinica.
Con l’intento di contribuire a colmare tale lacuna, almeno per alcuni aspetti dell’esito dell’artroplastica di gomito forse più sfavorevole dal punto di vista prognostico, lo studio di Jeremy Somerson e collaboratori analizza i fattori di rischio possibilmente coinvolti nell’insorgenza di infezioni periprotesiche a intervalli variabili dall’impianto.
La casistica esaminata è costituita da soggetti reclutati dal New York Statewide Planning and Research Cooperative System (Sparcs), database che registra tutti i ricoveri ospedalieri dello Stato di New York includendo dati di carattere demografico e clinico, tra cui informazioni sulle diagnosi cliniche all’ammissione codificate secondo il sistema ICD e sulle procedure chirurgiche.
Dei 1.452 pazienti sottoposti ad artroplastica totale di gomito nell’arco di una decina d’anni, tra il 2003 e il 2012, il 3,72% (54 pazienti) è stato successivamente ospedalizzato per infezione periprotesica. Nella maggior parte dei casi (il 56%) si è trattato di infezioni precoci, cioè manifestatesi entro tre mesi dall’intervento, un po’ meno frequentemente (31%) di infezioni ritardate ma comparse entro 24 mesi, più raramente (13%) di infezioni più tardive, insorte a distanza superiore ai due anni.
«Per quanto relativamente rara, nella chirurgia protesica del gomito il rischio di infezione non è affatto trascurabile – puntualizzano gli autori –. È infatti noto da un lato che tale articolazione è tipicamente predisposta a causa della limitata copertura dei segmenti ossei da parte di tessuti molli e dall’altro che tale suscettibilità è fortemente influenzata dalla compresenza di un certo numero di fattori facilitanti».
A tale proposito, attingendo alle annotazioni diagnostiche contenute nel registro Sparcs gli autori hanno sondato in particolare il ruolo favorente di alcune comorbilità, trovando correlazioni positive indipendenti per l’artrite reumatoide, le patologie legate al fumo di sigaretta e l’ipotiroidismo. «L’associazione tra rischio settico e ipotiroidismo, finora scarsamente esplorata, merita attenzione» commentano i ricercatori statunitensi, ricordando tra l’altro come tale riscontro risulti condiviso anche dalla chirurgia protesica di anca, ginocchio e caviglia. Sebbene non ne sia ancora del tutto chiarito il meccanismo, è plausibile che tale associazione sia sottesa dallo stretto rapporto, che i più recenti dati scientifici stanno via via delineando, tra il funzionamento della tiroide e quello del sistema immunitario. «Allo scopo di migliorare gli esiti dell’artroplastica di gomito – concludono – è fondamentale da un lato che si approfondiscano gli studi sui fattori di rischio per le diverse complicanze e dall’altro che ci si abitui a pianificare in fase preoperatoria la valutazione accurata dell’eventuale presenza di condizioni predisponenti, per agire tempestivamente su quelle modificabili come, nel caso delle infezioni periprotesiche, il fumo o l’ipotiroidismo».
Monica Oldani
Giornalista Tabloid di Ortopedia