Nei soggetti che abbiano subito una frattura da fragilità, in particolare se a carico del femore, l’aumento della mortalità, l’incompleto recupero funzionale e l’alto rischio di nuovi eventi fratturativi sono esiti ben documentati da una vasta letteratura. Altrettanto noto è il dato del sotto-trattamento di questi pazienti, derivante non solo da limitata adesione alle terapie ma anche da carenze prescrittive.
Esposizione al trattamento a seguito di un evento fratturativo e relativi vantaggi in termini di riduzione della mortalità e del rischio di rifrattura sono stati oggetto di indagine di due recenti studi condotti in Austria, un paese con un tasso di incidenza di fratture osteoporotiche tra i più alti del mondo.
Il primo studio, pubblicato sulla rivista Bone (1), ha analizzato a partire dai dati nazionali raccolti nell’ambito dell’International Costs and Utilities Related to Osteoporotic Fractures Study (Icuros) i tassi di trattamento in un campione di 915 pazienti ricoverati per una frattura da fragilità a livello di femore, vertebre, polso o omero, accertando che la maggior parte di essi (80%) non erano in terapia per l’osteoporosi al momento dell’evento. Come se non bastasse, nei 18 mesi successivi avevano iniziato ad assumere un farmaco antiriassorbitivo (per lo più della classe dei bisfosfonati) meno del 20% delle donne e solo il 10% degli uomini. Invece tra i pazienti che già seguivano una terapia specifica al momento del ricovero, solo il 55-65% risultava ancora in trattamento nel corso del follow-up. All’inizio del periodo di osservazione anche la supplementazione con calcio e vitamina D era presente in una minoranza dei soggetti (38%).
«Indipendentemente dai possibili fattori in causa, che in questa sede non sono stati indagati, riteniamo che l’entità del fenomeno sia allarmante, considerato anche il fatto che potrebbe persino essere sottostimato, dal momento che non abbiamo incluso casi con fratture di altri distretti e che la nostra finestra di osservazione è stata relativamente breve» concludono Oliver Malle e collaboratori.
Nel secondo studio, riportato sulle pagine di Calcified Tissue International, sono stati esaminati retrospettivamente i dati Real-World di tutti i pazienti di età maggiore o uguale a 50 anni ricoverati per una frattura d’anca nel quinquennio 2012-2016 e non trattati farmacologicamente fino a quel momento (47.139 in tutto), allo scopo di quantificare tasso di mortalità e rischio di rifrattura in relazione sia ai singoli farmaci antiriassorbitivi assunti, sia all’assenza di trattamento. Dei 4.344 soggetti entrati in terapia a seguito dell’evento fratturativo, 1.919 assumevano bisfosfonati per via orale (alendronato, risedronato), 1.870 bisfosfonati per via intravenosa (zoledronato, ibandronato) e 555 denosumab per via sottocutanea. Ciascuno schema terapeutico è stato confrontato con gli altri due e con l’assenza di trattamento del gruppo di controllo (42.795 pazienti). «Tra i nostri risultati il primo elemento di carattere generale degno di nota è che sul totale dei pazienti inclusi meno del 10% ha intrapreso un trattamento specifico – sottolineano Martina Behanova e collaboratori –. L’altro è che complessivamente nei soggetti in terapia antiriassorbitiva abbiamo riscontrato tassi di mortalità significativamente più bassi rispetto a quelli del gruppo di controllo».
I dati comparativi tra i diversi trattamenti nell’analisi di primo livello hanno assegnato il primo posto ai bisfosfonati per via parenterale (confermato dall’analisi multivariata), seguiti dai bisfosfonati per os e dal denosumab, con riduzioni del rischio di morte rispettivamente del 37%, del 30% e del 26%. Sorprendentemente sfavorevoli, invece, gli effetti sul rischio di rifrattura, risultato più alto nei pazienti in terapia e senza differenze significative tra i farmaci. Un esito apparentemente contraddittorio ma possibilmente imputabile – secondo il giudizio degli autori – a una troppo breve durata del follow-up o a un bias iniziale che potrebbe avere preferenzialmente assegnato al trattamento i pazienti a più alto rischio fratturativo.
Monica Oldani
Giornalista Tabloid di Ortopedia
Bibliografia
1. Malle O, Borgstroem F, Fahrleitner-Pammer A, Svedbom A, Dimai SV, Dimai HP. Mind the gap: Incidence of osteoporosis treatment after an osteoporotic fracture – Results of the Austrian branch of the International Costs and Utilities Related to Osteoporotic Fractures Study (ICUROS). Bone. 2019;115071.
2. Behanova M, Reichardt B, Stamm TA, Zwerina J, Klaushofer K, Kocijan R. Treatment effects of bisphosphonates and denosumab on survival and refracture from real-world data of hip-fractured Patients. Calcif Tissue Int. 2019;105(6):630-641.